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Infogardening

In “Giardini” di aprile c’è un bel servizio su un giardino della Costa Azzurra e uno su un giardino vicino a casa mia, che amo molto e le cui coordinate avevo già messo nel Database, il Giardino Viatori. Così approfitto dell’occasione per portarlo maggiormente alla vostra attenzione, riproducendo qui di seguito il testo e alcune foto dell’autrice, Claudia Pavoni, e anche alcune foto mie.

Questo giardino ha un’importanza tutta particolare per me, perché ha cambiato profondamente il punto di vista di mio marito sul giardinaggio. Prima lo considerava un mio hobby. Quando io gli parlavo dello stile inglese di giardinaggio, mi ascoltava con orecchio comprensivo e distratto. Ero riuscita una sola volta a richiamare la sua attenzione, parlando di Vita Sackville-West, di come fosse un mito del giardinaggio inglese, assieme a Gertrude Jekyll, William Robinson, Russel Page, per esempio.

Gli altri nomi non gli dicevano niente, ma aveva drizzato le orecchie al nome di Vita: Faceva parte del gruppo di Bloomsbury, con Virginia e Leonard Woolf, Lytton Strachey, Dora Carrington, Harold Nicholson, Bertrand Russel , Maynard Keynes, l’economista che condizionò la politica economica del presidente Roosvelt e ispiratore del welfare state (chissà come sta fremendo nella tomba, oggi!). Per la prima volta avevo svegliato il suo interesse, Ma tutto finì lì. Poi un giorno finalmente ebbi occasione di andare a visitare questo gioiello. Avevo letto, mi pare che anche quella volta fosse in “Giardini”, che a Gorizia, a due passi da Trieste, c’era un magnifico giardino. Chiesi in giro, ma in città nessuno ne aveva mai sentito parlare, mai un rigo sul quotidiano locale. Telefonai, presi appuntamento col prof. Viatori, e ci andai con delle amiche. Ne rimasi emozionata e incantata e subito decisi che ci doveva venire anche mio marito. E così fu. Naturalmente scelsi di farglielo vedere nel periodo in cui le fioriture sono al massimo, con tutta l’allegra baraonda di azalee e rododendri. Avevo giocato bene le mie carte. Fu molto colpito. E l’anno dopo ci tornammo un po’ prima, quando il giardino è ancora più bello, pieno di magìa luminosa, quando l’orizzonte è come una trama di pizzi e trine bianche e rosate contro un cielo azzurro porcellana, e lo scoppiettìo giallo delle forsizie a tenerci coi piedi per terra. Non distratto dai vivaci colori di azalee e rododendri, colse la poesia del disegno, la sinuosità dei percorsi, la dolcezza dei declivi, l’abilità compositiva del giardino che sembrava assolutamente naturale, e che naturale non è, come leggerete nell’articolo. Anni addietro, la prima volta che andai per la campagna inglese, subito dopo aver visto Barry Lindon, ero rimasta stupita da quel paesaggio. Vedendo il film, avevo pensato che Kubrick doveva averlo girato in qualche chilometro quadro; ma quando fui lì e mi resi conto che tutta la “old merry England” era così ‘bella’, così armoniosa, ne fui sopraffatta. Pensai che la natura era stata veramente molto generosa con quel paese. A vederlo sembrava l’opera di un pittore: tre o quattro querce proprio alla sommità di un’altura, un avallamento con un altro boschetto sul fondo, un bell’albero solitario proprio dove se no sarebbe mancato un accento verticale, e pecore sparse come nei quadri del nostro Rinascimento... e questo per migliaia di chilometri quadri. Sembrava un Grande Plagio, un paesaggio toscano copiato dalla più grande Pittrice, mi dicevo, Madre Natura, dai quadri del nostro Rinascimento. Solo in seguito, dai sacri tomi di storia del giardinaggio, appresi che non era stata Madre Natura, ma che tutta quella bellezza naturale era assolutamente artificiale, frutto della sapienza dei grandi paesaggisti inglesi, come Lancelot ‘Capability’ Brown ,e delle enormi possibilità economiche dei proprietari terrieri inglesi, del loro buongusto, dobbiamo ammetterlo, ma anche di uno “scarso patriottismo”: quegli scenari aperti, che consentivano magnifiche e ampie prospettive e “viste” erano stati ottenuti con disboscamenti forsennati, a tutto danno della Royal Navy. Per costruire una fregata a tre ponti era necessario infatti il legno di 2000 querce!! ... e nell’Inghilterra del XVIII secolo ci si lamentava che “la carenza di legname non sarebbe così grave se l’aristocrazia e la piccola nobiltà avessero piantato con la stessa foga con la quale tagliavano” (cfr. Simon Schama, Paesaggio e memoria, Mondadori).

Il vallone delle azalee (foto di Claudia Pavoni)

Il mio consorte condivideva con me l’ammirazione per cotante imprese... ma di giardini all’inglese nessuno dei due aveva visto neanche l’ombra. Fu lì, in quel giardino, che lui comprese quel che io avevo già capito dai libri e dalle riviste. Che il giardinaggio così concepito è un’arte, non un hobby. Da allora sono molti i giardini che siamo stati a visitare insieme. Lui non è diventato un giardiniere, e io ne sono felice, perché non desidero condividere la mia opera con qualcun altro. In giardino mi sento come un pittore e a nessun pittore (o forse a pochissimi) verrebbe in mente di lavorare con il coniuge alla propria tela. Ma siccome è un appassionato d’arte, ha cambiato prospettiva. L’osservazione più gratificante che mi ha fatto è stata a Barnsley House, il giardino di Rosemary Verey: “E’ questa la tua maestra, vero?” Aveva riconosciuto lo stile che io cerco di imitare. Il piacere è stato enorme, perché con quell’osservazione mi aveva fatto capire che prestava attenzione a quel che facevo, e che quel che facevo aveva una forma. E tutto era cominciato nel giardino Viatori, prima di allora non avrebbe minimamente preso in considerazione l’idea di fare un viaggio solo per andare a vedere giardini... anche se l’ultima volta, dopo una scorpacciata di giardini nei Cotswolds, mi ha detto perplesso : “Ma la prossima volta ci possiamo mettere dentro anche qualcos’altro, qualche cattedrale o qualche museo?”

Uno scorcio del giardino (foto di Claudia Pavoni) Fuori piove e l’incipit del poemetto “Terra desolata” di T.S. Eliot, uno dei vertici della poesia del Novecento, suona persino troppo intonato:
“Aprile è il mese più crudele, genera
Lillà da terra morta, confondendo
Memoria e desiderio, risvegliando
Le radici sopite con la pioggia della primavera.”

Ma noi abbiamo anche altre corde al nostro arco, e mi piace molto questo brano tratto da “Il signor giardiniere” di Frédéric Richaud, ed. Ponte alle Grazie, 1999:
“Le giornate non gli sembravano mai lunghe, nella sua serra. Aveva delimitato i suoi fazzoletti di colture, scassato la terra, seminato; e, dopo poco, incoraggiati dal tepore filtrato dai vetri, i primi steli avevano rotto la crosta. Lui se ne restava ora, in piedi, in mezzo a quel mondo di gambi, di fusti e di foglie nascenti. E gli sembrava di sbocciare assieme alle sue piante”.

IL GIARDINO VIATORI
da "Giardini"
articolo di Claudia Pavoni

Una pioggerella primaverile, un po' dispettosa, ci accoglie nel "Giardino Botanico L. Viatori", immergendoci all'istante dal paesaggio friulano in quell'atmosfera Old England che tutti i viaggiatori prima o poi hanno sperimentato nel girovagare per i magnifici parchi e giardini dell'Inghilterra: bisogna avere un ombrello sempre pronto! Qui, in una valletta nascosta sovrastante il fiume Isonzo, ad ovest di Gorizia, in località Piuma, ci accoglie il padrone di casa per condurci ad ammirare un gioiello di giardino cesellato in anni di quotidiano lavoro: come uno scrigno prezioso racchiude rarità di magnolie, azalee, rododendri, rose, meli, pruni, oltre ad arbusti ed erbacee veramente insoliti. Con modestia ci racconta che tutto è stato costruito con una continua ricerca e sperimentazione per introdurre le numerose varietà ammirate e acquistate nei più diversi angoli della Terra: questo è un esempio di "giardino fai da te", ma veramente molto ben riuscito e all'apparenza di semplice realizzazione, quasi copiabile. Progettare e realizzare uno spazio verde ex-novo ottenendo uno splendido risultato, richiede una profonda conoscenza dell'arte di fare giardini, ma talvolta la competenza del professionista che si appresta in questo difficile percorso si misura subito con un proprietario, che poi ne sarà il principale fruitore, talmente esigente e preparato che... gli lascia libero il campo! Così successe che il colto professore goriziano, Luciano Viatori, discendente da un’intraprendente famiglia boema giunta a Gorizia cinque generazioni fa, innamorato fin da bambino dei fiori, dei loro petali colorati, dei loro profumi, dei loro poetici messaggi, si decise a progettare e a realizzare da sé, con pazienza, il suo giardino all'inglese. Tanta presunzione nasceva dal fatto che si sentiva nato giardiniere: i primi rudimenti sull'impianto e la manutenzione delle piante li apprese nell'infanzia dalla madre appassionata botanica, che cresciuta nello splendore fiorito della città di Gorizia, la "Nizza" dell'impero austro-ungarico, aveva fatto sue le tendenze estetiche di fine '800.

La nascita del giardino

L'avventura botanica del professore iniziò propriamente nel '53 quando visitando L'Inghilterra rimase folgorato dalle molteplici varietà di piante presenti nei giardini: abituato al ricordo colorato della sua infanzia, riconobbe il decadimento e l'appiattimento del verde cittadino di casa nostra, ex-giardino d'Europa, e decise di fare suoi i dettami dello stile paesaggistico "all'inglese". Con cura scelse un luogo per la sua nuova abitazione, ma ciò che non riusciva a trovare era lo spazio adatto per il "suo giardino di sogno" da costruire intorno ad essa. Finalmente l'opportunità giunse nel '75, con l'acquisto di circa 2,5 ha di "terreno incoltivabile" ma in una zona molto panoramica a ponente di Gorizia: laddove si inizia a formare la collina del Collio e più sotto il fiume Isonzo scorre tra i primi rilievi, lasciando nel suo letto un'importante lingua di terreno alluvionale, troppo ricco di ciottoli. Gli eventi bellici della Grande Guerra avevano lasciato in quegli appezzamenti, che nessuno voleva coltivare, segni profondi: una bomba caduta nella parte pianeggiante aveva formato una specie di cratere, lungo i pendii affioravano numerosi scavi delle trincee.

Vista sul paesaggio circostante

I primi lavori consistettero quindi in un’importante pulizia per la bonifica e la correzione dei vari strati di terreno naturale che risultava mal strutturato: troppo sassoso qui, troppo argilloso là, troppo franoso laggiù! Dopo qualche anno con l'uso di traversine ferroviarie inchiodate tra loro e pali per creare i terrazzamenti e bloccare gli smottamenti, con I'apporto di trucioli di legno provenienti dai mobilifici vicini, per arricchire di sostanza organica il substrato e tanta fantasia e laboriosità, si riuscì a costruire la base di partenza di quel "progetto nel cassetto". Segnati i percorsi e formate le aiuole correggendo il terreno, il progetto alla fine risultò essere un dolce collegamento fra tre livelli di terrazzamenti, per cui partendo dalla sommità pianeggiante, dove fu costruita l’abitazione e girando intorno ai rilievi si ammirano i gruppi di arbusti e le alberature dalla preponderante fioritura primaverile- estiva, con una predominante colorazione di rosa, il tutto disegnato per imprimere al paesaggio grande naturalità e creare continuità con il boschetto limitrofo. Nello spazio scavato dalla bomba fu preparato il fondo con film di pvc per ottenere un laghetto artificiale alimentato dall'unico pozzo d'acqua disponibile e questo si inserì perfettamente nel prato del secondo terrazzamento che oggi ospita Iris kaempferii, ninfee, e tante piante acquatiche spontanee.

Le “azalee” e i rododendri

Lungo il pendio verso ovest all'ombra delle acacie si iniziò il primo impianto di "azalee" (il genere Azalea, come noto, non esiste e le piante denominate in tal modo, da giardinieri e amatori, appartengono al genere Rhododendron, piante acidofile per eccellenza ma felicemente adattate al clima fresco della valletta riparata dal bosco e sviluppatesi vigorose per il continuo apporto di materiale acidificante, come foglie secche, corteccia di pino e concimi specifici. Oggi sono quasi 400 le piante di rododendri e "azalee", disposte a gruppi di 30-60 esemplari, per creare con i loro petali sgargianti macchie fiorite da marzo a maggio. Le piante in collezione sono per lo più: R. molle sub. japonicum, R. calendulaceum, R. indicum, R. simsii, R. kaempferi, R. x obtusum.

Successivamente il "progettista-giardiniere" riuscì a trovare, scambiandole con altri appassionati, anche alcune piante poco conosciute arrivate dalla Cina, dall'Himalaya, dal Tibet e dall'Inghilterra, in grado di stupire i visitatori. Le varietà più resistenti e di facile reperimento, ma sempre di grande effetto, sono: R. ponticum, R. catawbiense e R. 'Loderi'.

Gli arbusti colorati

Altre piante a portamento arbustivo che si sono sviluppate bene regalando intense fioriture nei vari toni del rosa e sono disposte a macchie lungo le aiuole, sono: le camelie, le spiree, i Rhaphiolepis, i viburni, gli Amelanchier, le ortensie. Il Raphiolepis indica 'Springtime' una rosacea rustica, con fogliame persistente, dai fiori rosa intenso ed il Viburnum carlesii 'Aurora' con il fogliame lucido, verde scuro con fiori rossi in boccio e dalla sfumatura rosa intenso da aperti e deliziosamente fragranti, si alternano al fogliame verde-oro della Spirea japonica 'Bumalda Goldflame' e della S. japonica dalle fioriture rosa soffuse, creando un grande effetto. Prunus L'Amelanchier lamarckii è un grande arbusto, con foglie giovani rosate, si copre di fiori bianchi a grappoletti e nella insolita varietà 'Ballerina' regala anche piccoli frutti commestibili, mentre l'Amelanchier laevis è molto fiorifero, profumato ed il fogliame si copre d'oro in autunno.

Le rose

Che cosa raccontare delle rose che non sia già noto e che qui si trovano in 300 varietà, soprattutto quelle antiche e botaniche con gruppi di provenienza inglese e quelle più profumate francesi, sia arbustive che rampicanti, queste ultime abbarbicate selvaggiamente sugli alberi? Con le loro corolle variopinte prolungano il mare di fiori a par tire da maggio! E poi le Hydrangea che si colorano in estate con numerose varietà e mescolate tra le rose e gli Hemerocallis in 120 varietà dalla fioritura un po' più tardiva ma con spettacolari petali giallo dorato, arancio, rosso e crema, contribuiscono a suscitare grande meraviglia.

Le erbacee perenni

Tra le piante erbacee perenni che qua e là straripano dalle aiuole formando macchie di varia altezza si ammirano cuscini fioriti di Phlox subulata dalla fioritura rosa e bianca primaverile, l' lberis dalla candida fioritura già dalla fine inverno, l'Erica carnea molto rustica e adatta nei punti più impervi, le Hosta dal fogliame elegante e variegato che aggiungono colore tra le sempreverdi.

Magnolie

Nel tripudio degli infiniti toni del rosa delle piante menzionate, tra le masse fiorite di spettacolari alberi di meli, peri e pruni, che ci guidano in filare verso la terza terrazza, scopriamo alla fine le vere grandi protagoniste: le magnolie caducifoglie che, neanche a dirlo, sono l'orgoglio e l'amore segreto del padrone di casa! Sono varietà rare di origine orientale e americana a cui si aggiungono numerosi ibridi da esse ottenuti; queste fioriscono tardivamente, alcune non prima che l'albero abbia raggiunto dai venti ai trenta anni d'età! Altre sono di recente introduzione e gareggiano in bellezza nei pochissimi giardini che in Europa sono nati con l'intenzione di costituirne una specifica collezione.

La specie più conosciuta e largamente impiegata nei giardini è la specie a foglie sempreverdi con fiori grandi di colore bianco candido: la Magnolia grandiflora, ma i fiori delle altre magnolie, meno note al grande pubblico, sono come eleganti "gigli", bianchi, rosa dalle particolari sfumature del porpora-rosso, cremisi, striati sia esternamente che internamente, che si aprono in aprile-maggio prjma della comparsa delle foglie. Tra le diverse specie e cultivar (letteralmente: varietà coltivate) che amorevolmente sono state piantate, e sono ormai più di 150, le più recenti sono le M. campbellii 'Princess Margaret' e 'Wakehurst' dai fiori rosso porpora caliciformi in boccio e somiglianti alla ninfea, M. campbellii 'Alba', le M. denudata e le M. liliiflora con fiori a forma di tulipano bianco e rosa in mille sfumature o come la M. sprengeri 'Star Wars' dai petali grandi rosa intenso e fogliame verde-grigio. Un altro gruppo delizioso sono le "otto piccole sorelle", ibridi ottenuti da M. liliiflora x M. stellata: 'Ann', 'Betty', 'Jane', 'Judy', 'Pinkie', 'Randy', 'Ricki', 'Susan' tutte insieme in vari esemplari sono una grande attrattiva. Le specie M. stellata con le varietà 'Rubra','Water Lily' e 'Royal Star' e le più note M. x soulangiana (M. denudata x M. liliiflora) con le varietà 'Alexandrina', 'Alba', 'Nigra', 'Rustica Rubra' sono una vera esplosione di colore dal bianco al violetto-porpora, molto scuro. Non mancano alcune cultivar dal fiore giallo. Infine un piccolo alberetto dal fogliame argenteo ed il fiore bianco globoso profumato: M. virginiana (=M. glauca) 'Henry Hicks', originario degli Stati Uniti orientali.

Osservando tutte queste specie e cultivar dalla lenta crescita e dal periodo di fioritura tardivo, si coglie l'animo del vero appassionato, disposto ad aspettare una vita per vedere finalmente maturare con i primi fiori la sua pianta!

Prunus triloba


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