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RAMPICANTI E PERGOLATI
di Marta Insenghi tratto da Il Giardino Fiorito, Anno LVII, n° 1 Gennaio 1991.

La loro aspirazione è quella di salire in alto, alla ricerca della luce. Ma per non perdere l'equilibrio affondano le radici in profondità dove il suolo è più ricco e ombroso. Sono volubili, curiose, invadenti, ma a volte ripiegano su loro stesse in languide volute. Per le loro ascensioni usano tutti i trucchi: viticci torciglioni, radici aeree, ventose e persino spine uncinate. Sono le piante rampicanti.

Grazie a loro le case più modeste, le recinzioni più stravaganti si travestono in forme nuove, ricoprendosi di verzure, fiori e bacche. E la proiezione dei loro tralci dai piloni alle arcate, dalle ringhiere ai muri a secco, dai ruderi ai tronchi spogli di vecchi alberi, trasforma il passaggio in una esuberante architettura vegetale. Alcuni rampicanti, come l'edera, l'Hydrangea petiolaris o la vite del Canadà s'abbarbicano alle superfici che incontrano tramite radichette aderenti che permettono alla pianta di stare in piedi, da sola. Il caprifoglio e il glicine devono invece ricorrere a una complessa ginnastica rotatoria per attorcigliarsi intorno al loro sostegni, a volte in senso orario, a volte viceversa. Vi sono poi i rampicanti pigri, che si limitano a produrre lunghi sarmenti vagolanti verso l'alto, in attesa che una mano gentile li guidi sui tralicci di supporto: è il caso delle rose, di alcune clematidi, delle bouganvillee.

Il primo pergolato
Vi siete mai chiesti quando e dove sarà stato costruito il primo pergolato? Se lasciamo correre la fantasia, possiamo immaginarlo addossato a un grande masso erratico, con rozzi pali di legno rivestiti di grappoli d'uva che maturano al sole fra pesci rinsecchiti e pelli d'animali. Le ricerche archeologiche datano l'apparizione del vino come bevanda di consumo corrente intorno al 2000 a. C. In Grecia il primo a documentarne la presenza è, al solito, Omero. Nel XVIII canto dell'Iliade Achille riceve in dono da Vulcano uno scudo decorato da un rilievo che raffigura una pergola d'uva: "Il tralcio è d'oro, nero il racemo, ed un filar prolisso d'argentei pali sostenea le viti.. ".

L'ombra dei chiostri
Nel Medioevo invece pergole di vite e di rose ombreggiavano i chiostri dei conventi. Negli orti protetti dalle mura i monaci coltivavano le piante utili per la vita della comunità, le erbe medicinali e le rose botaniche, le piccole rose profumate che servivano per decorare l'altare ma anche per estrarre dai petali acqua, liquori e sciroppi di rosa, miele rosato e polveri cosmetiche. In Spagna, all'inizio del Seicento arrivarono dal Perù i semi di un rampicante straordinario la Passiflora o Fiore della Passione. Il merito di aver portato in Occidente questa pianta generosa per la velocità l'abbondanza dei fiori e dei frutti è di un fraticello domenicano approdato nella foresta peruviana al seguito dei conquistadores spagnoli dell'America Latina. Si sa che il monaco naturalista, in piena Controriforma, fu colpito dall'analogia dei fiori del rampicante con i simboli della Passione di Gesù: egli ravvisò la corona di spine nella raggiera dei petali filiformi, i chiodi della croce nelle capocchiette degli stili, le piaghe di Cristo nei cinque stami "di color sanguigno". Oggi in Provenza una varietà di Passiflora viene coltivata, oltre che a scopo ornamentale, per ottenere dai suoi frutti una gustosa marmellata che i francesi, coniugando mistica e gastronomia, chiamano Confiture aux fruits de la Passion.

Le proposte dell'800
Ma è solo nell'Ottocento che i parchi e i giardini si riempiono di tunnel, dì bersò, di chioschi e gazebo ornati dai morbidi steli della Rosa banksiae, dai racemi violetto del glicine, dai gelsomini che profanano con i loro effluvi i dintorni. Se nei secoli precedenti la pergola rimane difatti legata alla casa colonica, con una funzione prevalentemente produttiva, nell'Ottocento la cultura romantica rivaluta la natura nei suoi aspetti selvaggi, misteriosi e pittoreschi. E il gusto paesaggistico per l'imitazione di ambienti naturali, di pari passo con la nuova tecnologia del ferro che trova applicazione anche nelle abitazioni private, arricchisce le ville di campagna e, i palazzi cittadini di arcate ombrose, di piccoli padiglioni per la lettura, di gloriette per la bella vista, di pergolati dove si ricama o si fa conversazione. Magica e puntuale illustrazione del nuovo modo di vivere borghese è "Il pergolato" di Silvestro Lega: con i suoi colori estivi, i tralci d'uva che riparano dalla calura le signore sotto la pergola, la teoria dei vasi di cotto con i fiori di stagione sul muricciolo.
Ma, a godere di questa nuova dimestichezza con la natura accanto alle pareti di casa, non sono solo le compunte signore della piccola borghesia di provincia. Nei giorni di festa i primi treni a vapore, gli omnibus a cavalli, i vaporetti conducono fuori porta nuovi gruppi sociali. Sono artisti e operai, impiegati e giovani donne che affollano i pergolati, i caffè e i ristoranti con giardino delle trattorie di campagna: come il giovane e la fanciulla di Manet seduti "Da Père Lathuille" o l'allegra brigata del "Pranzo dei canottieri" di Renoir, ritratti all'aria aperta in un'atmosfera gaia e spensierata. Siamo alle soglie del XX secolo.

Il glicine di Radetzky
Oltre che nei quadri di pittori famosi, abbiamo cercato alcuni esempi dal vero, alcune immagini di rampicanti che evochino la suggestione di quei pergolati ottocenteschi.Uno, in particolare, ha una storia curiosa. E' il glicine di Radetzky. Si trova nel giardino segreto di Casa Cagnola, in via Cusani 5 a Milano. Nel palazzo dalla facciata neoclassica, progettato nel 1824 dall'architetto Pietro Pestagalli per la famiglia Cagnola, trovò successivamente sede la cancelleria del comando austriaco. Come si legge nella biografia di Franz Herre su Radetzky, fu da lì che la mattina del 18 marzo 1848 il feldmaresciallo fu costretto a "fuggire a piedi fino al Castello". L'anziano comandante austriaco fra una campagna militare e l'altra si dedicava al giardinaggio. Si può dunque immaginare lo sguardo malinconico che egli rivolse al suo "glicine", prima di infilarsi nel cunicolo sotterraneo che collegava la grotta del giardino con la rocca sforzesca. Così il vecchio soldato di Maria Teresa si sottrasse all'assalto dei milanesi insorti. Il glicine gli sopravvisse. Finché la nevicata del marzo del 1985 non stroncò le fragili arcate della bellissima pergola. Ma una sapiente potatura salvò la pianta .E il pergolato di ferro battuto, ricostruito pezzo per pezzo, la scorsa primavera è tornato ad agghindarsi dei ricchi racemi della Wistaria sinensís. Un altro splendido glicine, di origine giapponese, è la Wistaria floribunda macrobotrys dai fiori rosati che in piena fioritura raggiungono il metro di lunghezza. Un piccolo ponte su un canale può essere il sostegno più adatto per le cascate odorose dei suoi racemi, che, fra maggio e luglio, si specchieranno nell'acqua sottostante.
Il glicine bianco invece, delicato come un pizzo, va collocato in posizioni ben visibili, su inferriate basse o su piccoli bersò per poter quasi toccare la sua bellissima effimera fioritura.

Rose e clematidi
Fra le rose rampicanti ve ne sono alcune che consentono in ogni stagione un buon riparo da sguardi indiscreti, dai rumori e persino dalle correnti d'aria. Sono le rose bianche a foglia persistente, come la "storica" Albéric Barbier dai boccioli color crema, la bracteata con i suoi semplici fiori a cinque petali che sanno di cedrina da giugno a novembre, la Rosa laevigata dalle lucenti foglie di carnelia.
E le clematidi? Godono la fama di essere piante capricciose. Per chi non ha molta esperienza vi sono alcune varietà di Clematis montana rosa o bianche, che una volta attecchite daranno fra maggio e giugno fantastiche fioriture senza necessità di cure particolari durante l'anno. Più delicata, la spettacolare "Madame le Coultre" a grandi fiori a stella bianchi va protetta al piede con un piccolo cespuglio sempreverde, ad esempio un cespo di lavanda. Al contrario delle signore che prendono la tintarella, le ciematidi difatti amano stare con la testa al sole, ma con i piedi all'ombra.

La pergola del futuro
Come sarà la pergola del 2000? Essenziale, rarefatta, tecnologica, minimalista o semplicemente di serie? In questi anni la produzione di tralicci, pergole e mobili da giardino s'è ampliata enormemente. Sono oggetti di buona qualità, ma hanno il difetto di essere sempre uguali. Per fortuna, al di là delle mode e della standardizzazione del design, la ricca offerta di rampicanti presenti in natura e la continua ricerca di nuove varietà permetteranno di fiorire terrazze e giardini con piante il cui fascino si rinnova di giorno in giorno, di stagione in stagione.


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