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Proseguendo nella lettura di "Di che giardino sei?" di Duccio Demetrio ho trovato il brano sotto riportato. Così come il giardino esprime il gusto, la cultura, la storia di chi lo fa, il brano che vi propongo stimola a riconoscere nel giardino anche elementi o valori di femminilità e rispettivamente di mascolinità. Dove la donna opera, certamente porta tratti di femminilità, anche se nulla mi è più estraneo dell'idea di donna regina della casa e del giardino. Senza voler dunque accentuare questa differenza, mi pare tuttavia che vi siano elementi di verità in questa impostazione, che aggiungerà altra materia di riflessione su questo argomento infinito e che ci appassiona tanto, che è il giardinare. Molto presto aggiungerò al Database del FORUM un'altra sezione, i libri di metagiardinaggio, così li chiamerei, in cui anche il libro di Demetrio troverà collocazione. Quei libri, insomma, che pur parlando di giardini, giardinieri, fiore e piante, tratteranno solo marginalmente o non tratteranno affatto di tecniche di giardinaggio, soffermandosi piuttosto sul significato del giardino nella vita e nella cultura. Naturalmente attingerò dalla mia biblioteca verde, ma spero di poter aver contributi anche dalle vostre. Purtroppo molti bellissimi libri sono fuori catalogo. Bisognerà dunque fare spedizioni tra i remainders o rivolgersi alla vecchia rubrica radiofonica "Caccia al libro" in Fahrenheit (il vecchio Lampi d'inverno) sul terzo. O magari gli editori, vedendo l'interesse che ci anima, potrebbero risolversi a qualche deliziosa riedizione. So che molti vorrebbero ritrovare in libreria "Il giardino delle vecchie signore" di Maureen & Bridget Boland!
I giardini privati, il loro egocentrismo nella finzione di poter proteggersi sia dal popolo che dal monarca, sono ormai culto e cultura con l'800, sono già la nostra idea di giardino, ma qualcosa era inoltre già accaduto: il giardiniere (animus e ragione) andava sempre più abbandonando i suoi attrezzi ad altre sensibilità,. L'anima della giardiniera riscatterà definitivamente l'essere del giardino dalle geometriche ossessioni maschili. Pensare e coltivare il giardino al femminile vorrà dire restituirlo ad un'altra estetica, a quelle malinconie mediterranee e poetiche che esalteranno sia la differenza di ogni voce, sia la convivialità della narrazione. Se Virginia Woolf ci ha parlato di una stanza tutta per sé nel '900, per pensare e sentire la propria diversità di donna, al pari, quando ne La nuova Eloisa (del 1761) Jean Jacques Rousseau descrive il giardino di Giulia a Clarens, già era maturo l'epos del giardino tutto per sé: rifugio e ritorno di una supremazia femminile. Con la mitologia della signora di campagna, incarnata nella figura di madame de Warens delle Confessioni, di tante altre donne popolane o scrittrici di rara sensibilità si darà vita alla concezione più intimista del giardino: antirazionalistica e mediterranea. Anche se le donne un poco lo erano sempre state, anche se mani erborizzanti e sensibilità femminili già si intuivano negli sfondi dei quadri delle annunciazioni o delle madonne con il bambino del '400, o negli scorci delle signore e delle domestiche della pittura fiamminga, soltanto ora - come ritorno tanto atteso - il giardino poteva ritrovare la sembianza di un luogo di cura di sé. Dove accudirlo e viverlo con contrastanti emozioni assolutamente umane: come una vendetta di Eva, contro quel Dio maschile discacciatore e incomprensibile. La donna cerca un posto contro l'invadenza e la prepotenza maschile che ama o i paesaggi aperti dove cacciare, oppure le regge ove esibire il proprio narcisismo potente. Lo trova e, spesso senza saperlo, lo restituisce ad una filosofia del quotidiano e alla saggezza malinconica di chi accetta i cicli di vita.
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