La primavera sta arrivando al gran galoppo e la natura si risveglia e si
risveglieranno anche i miei ricci e non faticherò molto ad accorgermene,
dato che queste creature, oltre a essere simpaticissime, sono anche
rumorosissime. Non appena si aprono le discoteche sono tutti fuori per la
'movida'. Naturalmente fanno impazzire la mia gatta Joyce che, ventre a
terra che neanche un marine, li segue gatton gattoni, e al mio sguardo
serio risponde dicendomi che è una studiosa e un'amante della natura! Come,
l'avete già sentita questa? a ogni apertura di caccia ? Coincidenze.
Forse Joyce qualcosina ce l'avrebbe in mente, ma siccome sa distinguere tra
principio di piacere e principio di realtà, si accontenta del piacere tutto
virtuale d'immaginare cosa ci farebbe se avessero meno spine. A differenza
di Isabel, la cagnetta bassotta della mia amica e vicina di giardino la
Lella, che li azzanna (no, non la Lella, è Isabel che li azzanna),
tramutando un piacere virtuale in un dolore reale, la bocca trafitta di
aculei!
Io amo moltissimo i porcospini, e le mie amiche hanno deciso che questo è il
mio logo: oggi non si è nessuno se non si ha un logo, è noto.
E così mi regalano ricci sotto tutte le forme, dai segnalibri, alle candele,
ai riccini e riccioni di spago e sughero, uno più cicciotto dell'altro.
Nel villaggio globale la storia del logo deve essere arrivata anche alle
loro orecchie porcospinesche, perché un giorno hanno deciso che "mi casa es
su casa!" secondo l'aurea regola dell'ospitalità messicana - e anche
italiana, tant'è che l'ospite è ospitante e ospitato: non è metafisica, è
solo amicizia.
Ma io non mi accorsi subito di essere un'ospite. Il mio studio comunica,
anzi comunicava direttamente col garage, aperto ai quattro venti, o per
meglio dire a uno che ne vale quattro, la bora. Così, per difendermi dai
refoli gelati che venivano di sotto l'uscio, avevo messo all'esterno una
coperta arrotolata.
Di maggio, srotolando la coperta, vidi sgusciare in tutta fretta un bel
riccione. L'anno seguente, in ottobre, rimisi la coperta e quando venne la
primavera scoprii che aveva messo su famiglia, quanto meno ce n'erano due!
Che fosse una famiglia di stampo antico o moderno, non fui né sono in grado
di appurarlo. Purtroppo però non avrei potuto alloggiarli anche l'inverno
successivo, poiché, avendo deciso di dare una sistemata alla stanza, per
accogliere il tanto desiderato computer, sapevo che l'andirivieni di operai
attraverso la porta sarebbe stato non solo disturbante, ma fors'anche
calpestante!.
Ma fortuna volle che in un negozio, dal bel nome di Arca di Noè, vidi una
deliziosa "casetta per ricci", così era scritto. Me la comprai
immediatamente. E la montai seguendo a puntino tutte le istruzioni. Era di
legno grezzo, e col suo tettuccio rosso e spiovente assomigliava alle
casette dei sillabari, dei miei sillabari s'intende, quelli che dicevano che
la primavera arrivava al gran galoppo e tutta la natura si risvegliava.
Non c'era camino, c'era invece un tubo di plastica con gomito finale che
doveva essere inserito dentro un foro praticato sul lato destro della
casetta, dove avrebbe dovuto esserci una finestra. Era lo sfiato di
ventilazione con l'apertura munita di reticella di ferro e doveva essere
rivolta verso il basso. Il libretto delle istruzioni era molto
circostanziato. Dalla porta della casetta sporgeva una galleria lunga 30 cm
circa, in funzione antigatto. Bella pensata, eh?! Veramente Joyce si
espresse del tutto diversamente. Considerò una vera carognata che non si
potesse spaventarli almeno un pochino, con qualche zampatina qua e là.
Nel libretto d'istruzioni non si erano dimenticati di niente, sembrava una
mappa del tesoro.
Innanzitutto doveva stare una decina di centimetri almeno al di sopra del
terreno per evitare allagamenti durante le grandi piogge. Così, con grande
divertimento dei miei vicini, andai in giro pel Carso a cercare quei sassi
che con tanta fatica ero riuscita a far portar via (a pagamento) quando
avevo preso possesso del giardino. E collocai la casetta sopra i sassi.
Direzione sud-est, perché così potevano ricevere un sole caldo ma non
troppo. Arbusti sempreverdi a mezzo metro di distanza, perché così
assicuravano in contemporanea riservatezza (scusate, privacy) e difesa dal
solleone. La casetta, tanto bellina che era, doveva inoltre essere coperta
di PVC impermeabilizzante: a questo punto avrete intuito che una bella
scatola da vini avrebbe fatto la stessa funzione! Dunque una bella
plasticona nera (o di qualsiasi altro colore vi aggradi) e sopra e
tutt'intorno un bel po' di ciocchi di legno, per garantire isolamento estate
e inverno e per dargli l'illusione di un bel rifugio nel bosco.Il colore
della plastica è imperciocché del tutto irrilevante.
Con un binocolo e facendo acrobazie, qualcosa della facciata della casetta
si riesce ancora a intravedere!
La domanda dei miei amici è sempre la stessa: ma poi sono venuti ad abitarci
in questa bella casetta? Beh, non lo so, posso supporre di sì, visto che per
due anni di seguito si sono accomodati nella coperta, che l'anno dopo un
riccio aveva scelto di farsi la tana tra le foglie secche accumulate sotto
una mahonia che sta alla base del verone della facciata a sud, che grazie
allo spiovente del tetto è perfettamente al riparo dalle intemperie. Bisogna
essere proprio bastian contrari per non occupare un loft da quinta strada
come quello che gli ho offerto! Presumo quindi di avere almeno due famiglie
di ricci; forse nel loft ci stanno due grassi ricci arroganti e tra le
foglie secche do rissi poareti (due poveri ricci) per dirla alla veneta -
forse anche nel villaggio globale dei ricci c'è chi sgomita e chi si deve
accontentare, però poi alla sera, gran caciara e tutti fuori per la
'movida'!
Concludendo, rimane il fatto che non possiamo imporre a un riccio di vivere
nel nostro giardino, però si può provare a predisporre le cose in modo che
se ci capita (niente di improbabile, fanno chilometri di notte vagabondando
in cerca di cibo) decida che è un bel posticino per metter su famiglia.
Se volete sapere proprio tutto sull'argomento, procuratevi "Il Riccio in
Casa e in Giardino" di Claudia Bestajovsky, dell'Edagricole, 20mila lire. E'
veramente esaustivo e risponde proprio a tutte le domande al riguardo, meno
che a una: ma ci sono o non ci sono i ricci nella bella casetta per ricci?
Riporterò le coordinate del libro nel Database e intanto vi saluto con
questa esortazione di Tony Soper:
"Nutrire gli uccelli (e i ricci, i tassi e i rospi) è un'attività
gratificante. Non solo perché queste creature sono perfette nel prendersi
cura del giardino; ma anche perché il loro relazionamento gli uni con gli
altri, con la razza umana e con il territorio che li circonda è interessante
e avvincente. Così tenete da parte per loro una bella crosta di pane, magari
con anche un po' di formaggio sopra".
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