Cari amici,
avrei voluto parlarvi di 'In giardino non si è mai soli' subito dopo averlo letto, nel timore
che altrimenti non sarei riuscita a trasmettere intatte tutte le emozioni
provate.
Ma stasera, nonostante il gran tempo trascorso, voglio
vedere se riesco a recuperare per voi il gran piacere che ho provato in questa
lettura.
All'inizio ero stata colta da una punta di fastidio. La
prima impressione era stata quella di trovarmi davanti al solito italiano ben
introdotto nelle fasce alte della nostra società, e che ne sarebbe seguita
l'inevitabile lista di bei nomi cum giardini della cui bellezza ero a priori
incredula.
Invece sono stata smentita, con grandissima soddisfazione.
Perché non ho letto né di bella gente né di giardini, ho letto di piante. Ho
letto di un giardiniere che ama le piante. Paolo
Pejrone è un architetto e un giardiniere, il che vuol dire 'quasi' il
massimo. Perché il massimo è un architetto-giardiniere
che scrive...
Ben nota è la polemica che divide gli amanti dei
giardini tra chi li vuole fatti da architetti e chi li vuole fatti da
giardinieri. Ma ci sono anche coloro che, come me, amano i giardini ben
progettati, a struttura forte, dove però le piante sono protagoniste e cooperano alla struttura, e dunque
questo connubio non poteva che piacermi.
Ma Paolo Pejrone è
qualcosa di più di un architetto-giardiniere-autore, è anche un cittadino
esacerbato di fronte agli sconci perpetrati dagli 'irresponsabili' del verde
pubblico. Mi piace quando s'indigna di fronte agli errori altrui, ma ancor più
mi piace quando confessa malinconico i suoi, altrettanto, a volte, terribili
nella loro irreversibilità. Ma dai quali ha imparato e vuole che anche noi
impariamo.
Io vorrei leggere molti libri così. Ho letto molti diari di
giardinieri inglesi, ma confesso che leggere
Il diario di un giardiniere curioso... italiano è diverso, è come vedere
giocare la nazionale.